lunedì 31 gennaio 2011

6 Dicembre 2010

Vado via perchè... #2

Eccomi giunta alla parte più difficile dell'elenco: le "incomprensioni culturali". Ho pensato molto a cosa scrivere, ma certi concetti rimangono difficilissimi da esprimere. E, soprattutto, sono soggettivi.
Non esiste il paese perfetto - non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. A me non piace il sole, per dirne una. E capirete che questo può rappresentare un problema per una persona che vive nella città del sole. Ci saranno sicuramente tanti svedesi che detestano la neve e la natura, tanti inglesi che detestano il tè, tanti francesi a cui non piacciono vino e formaggi. Sono cose che non dipendono dalla nostra volontà.
La mancanza di regole, a Napoli, ha portato due conseguenze fondamentali: non abbiamo più diritti, quindi ci aiutiamo a vicenda, e non abbiamo più doveri, quindi chiunque si sente libero di fare qualsiasi cosa.
Mi spiego meglio, aiutandomi con un paio di esempi: io non ho diritto all'acqua corrente in casa, e questo s'era capito. Quando posso riempio le taniche da 20 lt per fare scorta, come fanno i miei vicini di casa. Può capitare, comunque, che qualcuno venga colto alla sprovvista e rimanga senza scorte e, in quel caso, proprio perchè tutti sappiamo quanto sia brutto non poter nemmeno cucinare, si fa a gara per aiutare. Non per obbligare il vicino a rendere il favore quando toccherà a noi, ma perchè tutti capiamo il disagio che prova quella persona. Così come, spesso, chi entra alla posta prende un paio di numeri in più per passarli, dopo un po' di tempo, alle vecchine appena entrate per risparmiar loro la fila. C'è empatia. Si capisce la sofferenza degli altri, anche nelle piccole cose. E siccome sappiamo che nessuno verrà mai ad aiutarci, ci aiutiamo tra di noi.
Per quanto riguarda i doveri, ho già detto che questo porta ad una "libertà" assoluta. Libertà di calpestare gli altri, ad esempio. Impunemente, tra l'altro, vista la mancanza di diritti. Così capita che i medici vadano a recuperare le mogli appiedate durante l'orario di lavoro, che qualcuno parcheggi al centro di un incrocio e scenda dalla macchina per parlare con un amico, che i professori universitari decidano di saltare un paio di sedute d'esami, e così via.
Il punto è che il dovere di qualcuno è un mio diritto, così come il mio dovere è un diritto degli altri. Io ho il dovere di tenere basso il volume della radio, perchè la mia vicina ha il diritto di stare tranquilla; io ho il diritto allo studio, perchè i professori hanno il dovere di insegnare; io ho il dovere di rispettare la segnaletica stradale, perchè gli altri hanno il diritto di camminare senza dover temere per la loro vita. Per fare un altro esempio, qui la segnaletica stradale sembra invisibile ed io, temendo per la mia vita ma anche per quella degli altri, so come funzionano le cose e mi adeguo a delle regole non scritte che gli automobilisti partenopei applicano. Non solo. Mi preoccupo per gli altri e faccio attenzione anche per loro. Così come loro, lo so, fanno attenzione anche per me. Così come gli automobilisti fanno attenzione per loro, per me e anche per gli altri automobilisti.
L'ho detto che è un concetto difficile da esprimere.
Cerco di spiegarmi meglio: il pedone sa che l'automobilista non si ferma al semaforo e che le motociclette non rispettano  il senso di marcia, quindi fa molta attenzione prima di attraversare la strada ed è pronto a fermare chi si butta imprudentemente basandosi sul semaforo rosso; l'automobilista sa che c'è sempre qualche pedone che non guarda prima di attraversare, per cui passa col rosso, ma è sempre pronto a frenare; l'automobilista dietro di lui sa che c'è sempre qualche pedone che si butta e che la macchina davanti si fermerà, per cui si prepara al sorpasso; il primo automobilista sa che quello dietro di lui sta per sorpassarlo e che rischierà di buttar sotto il pedone, per cui cercherà di occupare il centro della corsia, in modo tale che l'altro sia costretto a rallentare per passare; il pedone sa che, arrivato al bordo della prima macchina ferma, deve controllare nuovamente che la strada sia libera, perchè c'è sempre qualcuno che sorpassa. Complicato, eh? Basterebbe fermarsi al semaforo e non ci sarebbe bisogno di tutte 'ste manovre. Però al semaforo non ci si ferma, per principio.
Altro esempio? Torniamo sulla fila alla posta: gli impiegati della posta sanno che c'è sempre chi si lamenta, per cui sono sgarbati a priori con tutti; il cliente sa che l'impiegato è esasperato da anni di lavoro alla posta e quindi poco incline a venirgli incontro; puntualmente c'è chi tenta di fare il furbo saltando la fila (=nessun dovere) e, inevitabilmente, nasceranno accese discussioni, che in alcuni casi arriveranno anche alla rissa; io, ventenne in buona salute e con una certa dose di menefreghismo, prendo un paio di numeri in più dalla macchinetta, metto gli auricolari e accendo l'mp3 a palla, in modo tale da non sentire eventuali discussioni; ad un paio di numeri dal mio turno, individuo i vecchietti in difficoltà e risparmio loro la fila e le discussioni, visto che i furbi, di solito, se la prendono proprio con quei vecchietti, che non sanno difendersi da soli e che non verranno certo difesi dal personale della posta.
Ora sono le 15.15 e, teoricamente, io dovrei poter riposare senza essere disturbata da rumori molesti... però la mia vicina sta facendo sfogare la nipotina isterica sul pianerottolo! Io avrei il diritto di stare in santa pace e la signora avrebbe il dovere di rimanere in casa sua, tuttavia io so che la casa della signora è un buco e la bambina non  ha lo spazio per muoversi, per cui accetto che faccia casino davanti alla porta di casa mia. Allo stesso tempo, la signora sa di rompere pesantemente i coglioni col suo comportamento, per cui non si lamenterà se, talvolta, io terrò il volume dello stereo più alto. Se avessimo dei diritti, la nipotina della signora potrebbe giocare a casa sua o in un asilo comunale, invece di essere costretta a vivere a casa della nonna, io non avrei fastidi e la mia vicina non sarebbe costretta ad accettare il casino ingiustificato degli altri pur di permettere alla bambina di giocare per le scale.
Credo che la famosa "arte di arrangiarsi" nasca proprio da questa mancanza di certezze. E, giusto perchè il messaggio non è abbastanza lungo, faccio una brave digressione su questa espressione: "arte di arrangiarsi" un cazzo, signori miei! Si chiama disperazione ed è dovuta al fatto che siamo costretti ad accettare tutto e ad inventarci un modo per sopravvivere. Ad avere dei diritti, non ci sarebbe bisogno di arrangiarsi. Voi la chiamate fantasia, creatività, arte; io se vi sento dire una cosa del genere vi infilo un mandolino su per il culo.
Sperando che il concetto sia chiaro, arrivo dunque alle conclusioni.
Io non riesco a vivere così.
Ci sono persone a cui tutto questo piace. Persone che preferiscono essere libere di parcheggiare in terza fila in caso di necessità e sopportare che lo facciano altri, persone che si sentono più libere all'idea di poter fare ritardo ad un appuntamento o che apprezzano la fantasia nel trovare soluzioni ai problemi.
Io vorrei delle certezze. Vorrei dover seguire delle regole universali, anche stupide, che però valgano per tutti e non siano soggette ad interpretazione, alle quali non sia in alcun modo applicabile la fantasia. Sarò arida, sarò banale... ma davvero fatico ad accettare questo modo di vivere. Non ci sarebbe bisogno di aiutarsi a vicenda, se i diritti di tutti venissero rispettati. Quello che è considerato da tutti i miei concittadini come un vanto, l'altruismo, è in realtà l'effetto di una sofferenza comune.
Qui mi sento straniera, come se questa cultura, questo modo di vivere non mi appartenessero minimamente. Mi sembra sempre di essere arrivata a Napoli da una settimana e non di esserci nata; non finisco mai di stupirmi del comportamento dei miei concittadini, nel bene e nel male. So che non è un motivo di vitale importanza, ma vorrei andar via di qui anche per questo.

EDIT: questi due messaggi sono nati da una discussione fatta con la mia amica Francesca. Ci siamo ripromesse di elencare tutte le motivazioni che ci spingono ad andar via per ritrovare un po' della voglia di lottare per questo progetto. QUI trovate il suo interessante post. Notate che lei, pur ritrovandosi l'acqua di mare che le esce dai rubinetti, non rompe i coglioni al prossimo come la sottoscritta. Che volete farci, sono una piaga sociale!

3 commenti:

  1. Grazie grazie grazie. Di avermi fatto capire tante cose. Di avermi spiegato che non è arte, nè fantasia, nè arroganza nè mancanza di onestà o senso civico, è disperazione davvero...
    Mi chiamo Silvia e vivo a Roma, che non è una città particolarmente ordinata, ma l'unica volta che sono venuta a Napoli sono fuggita subito. Non vedevo tutto quello che hai raccontato tu, vedevo solo confusione, rumore, rischio di essere investiti e tutto quello che hai descritto! Ma ora assume tutto un'altra prospettiva sai? :)

    Vivo a Roma ma voglio andare via, vorrei disperatamente che fosse la Svezia, se ti va rimaniamo in contatto!

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  2. Grazie a te, Silvia.
    Grazie perchè hai letto il mio blog, senza farti influenzare dalla brutta esperienza che hai avuto con i napoletani.
    Grazie perchè hai messo in dubbio tutti i luoghi comuni ed i pregiudizi sui napoletani e hai "ascoltato" la mia opinione.
    Se ci fossero più persone come te non saremmo costretti a sopravvivere in queste condizioni, abbandonati a noi stessi e moralmente esclusi dall'Italia, con cui condividiamo solo la disastrosa politica.
    Sarei davvero felice di poter parlare con te. Se vuoi, il mio indirizzo email è lil_eveline@yahoo.it. A presto, spero.

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  3. Ho letto il tuo blog molto volentieri, scrivi in maniera ironica e accattivante, e mi sembra che hai una visione critica e obiettiva delle cose!
    La mia mail ce l'hai dai commenti, io comunque sto leggendo anche qualche arretrato e ho aggiunto il blog nei feed, quindi qui o negli altri sverigeblog ci incontreremo sicuramente!
    Tra l'altro mi sembra di capire che abbiamo più o meno la stessa età (io ho 28 anni), e alcune passioni in comune :)

    a presto!

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