domenica 5 maggio 2013

Meglio Napoli.

Dedicato all'anonimo che ha commentato le foto del post precedente dicendomi che "è molto meglio Napoli".
Stasera, dalla finestra della mia camera, potevo godermi questo spettacolo.



Lo confesso, si vedevano anche altre case e tante persone che avrebbero respirato questo schifo, ma le ho tagliate perché non si può mai sapere, certi camorristi potrebbero prendersela a male per queste foto. Magari c'era qualcuno di loro che si stava facendo la doccia... 
Al momento il cielo sopra casa mia è nero.Ma proprio nero nero nero. E la colonna di fumo diventa sempre più densa e larga. Cosa diamine hanno fatto i vigili del fuoco nelle ultime due ore? Chissà! Mistero!

EDIT:
ecco cos'è successo: enorme rogo tossico. Mi mancava questa sensazione di soffocamento a Goteborg. Quando sono arrivata in Svezia non ero più abituata a respirare, tutto quell'ossigeno mi dava alla testa. Fortuna che sono tornata in Italia. Adesso posso tornare al mio destino di miserabile meridionale e morire come il vermiciattolo che sono.

sabato 16 marzo 2013

Göteborg













































domenica 30 dicembre 2012

Buon anno!

Anche quest'anno è ormai concluso. Anno finito? 2012 già passato? Ma quando? Come? Io sono rimasta a gennaio, ai buoni propositi, al nuovo inizio... mica me ne sono accorta che siamo già alla fine! E poi, a proposito di propositi, quando mi sono messa a pensare a ciò che avrei voluto fare quest'anno ho aggiunto la voce "visitare la Svezia" solo per scaramanzia. In realtà non pensavo che l'avrei davvero visitata. Non ci credevo minimamente! E invece è stato uno dei due soli propositi che sono riuscita a realizzare. L'altro è il solito, classico, "leggere 12 libri"; un libro al mese, spaziando da Agatha Christie a Dostoevskij, e la mia anima si sente più tranquilla.
Gli altri, i buoni propositi sul dimagrire, studiare di più, portare avanti tutti i mille progetti che avevo iniziato, sono miseramente naufragati. Anzi, sono ingrassata e ho abbandonato l'università! Dei mille progetti, una buona metà è stata conclusa, ma ancora non sono riuscita a liberarmi di tutti. In Svezia mi porterò quello più ambizioso: una copertina di lana a quadroni, tutta colorata. 
Per il 2013 l'elenco è molto più breve: 
1. sopravvivere in Svezia;
2. imparare un po' di svedese, quel tanto che basta per la sopravvivenza di cui sopra;
3. ricamare la copertina di lana;
4. ricordarmi di tutti i compleanni e gli onomastici anche a 2400 km di distanza;
5. partecipare al NaNoWriMo e magari portarlo anche a termine.
Sì, direi che si può fare.
E i vostri buoni propositi? Come vi è andato l'anno vecchio e cosa vi aspettate dal nuovo?



martedì 25 dicembre 2012

Auguri!

Tantissimi auguri di buon Natale a tutte le persone che passano per questo blog.
E buone feste a tutti coloro che, come me, non sono cristiani, ma non possono fare a meno di essere coinvolti in questa splendida festa. Buon "qualsiasi-cosa-festeggiate" a voi.

lunedì 17 dicembre 2012

Cambia, tutto cambia.

Quando ho scritto l'ultimo post su questo blog, non potevo immaginare come si sarebbero evoluti gli eventi nell'arco di poche settimane. Tra poco ripartirò per la Svezia, e stavolta per rimanerci.
Mi sento come se qualcuno mi avesse infilata in un frullatore. Sarà perché è successo tutto troppo in fretta, sarà perché avevo perso le speranze, sarà perché mi sono resa conto che realizzare il più grande sogno della mia vita mi terrorizza e mi affascina in egual misura. Sono curiosa, ansiosa e felice di scoprire di più, di avere una vita tutta mia, di poter prendere le mie decisioni e non dover rendere conto a nessuno, ma, allo stesso tempo, sono spaventata all'idea di lasciare tutto ciò che finora ho definito casa, anche se, in fin dei conti, questa "casa" è una città che detesto, in un paese che mi ha fatto venire lo schifo della vita.
Voglio scoprire se in Svezia sarò di nuovo capace di sognare, di immaginare un futuro per me e per le persone che amo. Per il momento l'Italia mi ha tolto davvero tutto. Ha tolto dignità e speranza ad un'intera generazione, e vorrei poterla cancellare dalla mia vita, bruciare i miei documenti, e rinascere in un altro paese, con un altro nome ed una nuova identità, pronta a riscrivere la mia vita. Purtroppo non si può.
Non potrò mai cancellare i 27 anni di vita italiana, la dura e terrificante istruzione cattolica, la convivenza con la camorra, la sofferenza delle malattie causate dall'inquinamento e dalla "crisi dei rifiuti" (molte di queste malattie mi seguiranno in Svezia, tra l'altro). Questa è stata casa mia, che mi piaccia o no. Per il momento è l'unica casa che ho avuto la possibilità di conoscere, e mi ci sono adattata in qualche modo.
Ora mi sembra di saltare nel vuoto. Dovrò scoprire tutto della città in cui andrò a vivere, crearmi una nuova rete di amicizie, stabilire delle nuove routine, scegliere i miei nuovi piatti preferiti (e abbandonare la mozzarella e la pizza), trovarmi un "posto delle fragole" o almeno un bar accogliente in cui rifugiarmi durante le fredde giornate invernali. E pensare che non ho metà di queste cose nemmeno in Italia, ma non ne sento la mancanza perché qui ci sono le persone che amo. Abbandonarli ora, a due mesi dalle prossime (temo catastrofiche) elezioni, mi sembra ancor più crudele e meschino, come se stessi abbandonando la nave che affonda utilizzando l'unica scialuppa disponibile. E mi sembra quasi di tradirli, se penso che lì altre persone riempiranno la mia vita. Avrò altri vicini, altri amici, altri postini (si spera non idioti come quelli italiani!), altri negozianti da salutare la mattina, altri compagni di viaggio nei bus, altri compagni di scuola di lingue. Mi sembra così strano pensare che tutte queste persone già vivono da qualche parte nel mondo; magari, come me, sono spaventate dalla partenza, oppure stanno penando per avere il loro personnummer, o vivono in paesi così distrutti che a confronto l'Italia è il paradiso. Ci ritroveremo tutti nella stessa aula, per imparare la stessa lingua, e sono sicura che sarà meraviglioso scoprire tante culture e tante storie diverse. Sarebbe tutto entusiasmante ed emozionante, se non lasciassi qui la mia famiglia e il mio fidanzato.
E poi c'è da fare la valigia. Come fare a riassumere 27 anni di vita in 23 kg di roba? I miei vestiti non sono adatti all'inverno svedese, dovrò comprarne di nuovi e lasciare qui quelli vecchi. I miei libri sono davvero troppi per poter essere infilati in valigia, e dovrò solo sperare che la mia famiglia non li tratti troppo male in mia assenza. I biglietti di auguri che ho conservato nel corso degli anni diventano improvvisamente inutili. La tazza per il latte che uso ogni mattina, e che è stata il mio primo tentativo di indipendenza, sarà sostituita da un'altra, già in Svezia ad aspettarmi. I regali del mio fidanzato, che mi circondano e mi fanno sentire in ogni momento la sua presenza accanto, dovranno rimanere qui, e già so che mi sentirò tremendamente sola senza questi piccoli segni d'amore intorno.
Credo che molte delle persone che leggono questo blog siano già passate per questa fase. So bene che, una volta salita sull'aereo (e dopo un disperato pianto liberatorio) tutte queste paure lasceranno spazio alla voglia di scoprire e all'entusiasmo di un nuovo inizio. Per il momento, però, prevale la tristezza. Spero davvero che il mio fidanzato mi raggiunga presto, come ha promesso di fare, ma credo anche che per lui sarà più difficile e  sto tentando di rassegnarmi all'idea di rimanere senza di lui per parecchi mesi.
Insomma, come vi dicevo, e come si capisce benissimo dai miei discorsi sconclusionati, mi sento davvero in un frullatore. Troppe emozioni in pochissimo tempo, e una partenza troppo vicina. Ho la sensazione di essere stata spinta in un burrone, e la caduta mi fa paura anche se so che ad aspettarmi c'è un morbido materasso.
Dopo due anni, il titolo di questo blog non ha più ragione d'essere. Non so se scriverò ancora, se avrò il tempo di farlo, se avrò voglia di dire qualcosa o sarò così perfettamente felice (o così disperatamente depressa) da non sentire il bisogno di parlare. Mi rendo conto che certe emozioni sono davvero difficili da descrivere, e ancor di più da capire, se non si sono provate in prima persona. Per il momento si chiude un capitolo importante, e quel "se solo fosse la Svezia" diventerà presto un "adesso sì che è la Svezia".
E chissà cosa ci sarà ad attendermi, in Svezia.


martedì 28 agosto 2012

Dal Sahlgrenska con amore.

Siccome non mi sembra il caso di raccontare dei problemi di salute del mio fidanzato sul blog di un'altra ragazza, ho pensato di farne un post a parte qui. Perché privacy, in questa famiglia, è una strana parola senza molto senso.
Senza entrare troppo nei dettagli, vi basti sapere che il mio fidanzato ha avuto problemi di salute prima della partenza. Allarmata all'idea che potesse succedere anche in Svezia, ho contattato prima Fiammetta e poi Giulia e Marco per avere informazioni precise e dettagliate sulle procedure da seguire per un eventuale ricovero e sono partita, già pronta al peggio, con una traduzione in inglese e in svedese di tutte le malattie che abbiamo, delle cure che facciamo, e dei problemi e delle complicazioni che possono sorgere. Speravo davvero di non averne bisogno, soprattutto perché non ho letto molte opinioni positive sulla sanità svedese e sulle capacità dei medici del regno. E, ovviamente, facevo male a dubitare!
Prima della partenza, altrettanto ovviamente, il mio fidanzato era passato per l'ospedale per ricevere tutte le cure del caso e poter trascorrere una vacanza serena. In Italia l'avevano già curato, dunque; ma saranno state le giornate stancanti, il drastico cambio di temperature, la pioggia battente che proprio quel giorno ci si è gelata addosso, e il problema si è ripresentato. Di notte, tra l'altro.
All'1.30 il mio ragazzo mi ha svegliata per chiedermi una medicina per il dolore. Gli ho detto che, sapendo come sarebbe andata a finire, avremmo fatto prima a chiamare direttamente l'ambulanza, ma non ha voluto sentire ragioni.
Alle 3.30 il dolore ha avuto la meglio e il mio ragazzo mi ha implorata di chiamare l'ambulanza. Come volevasi dimostrare, io ho sempre ragione. Avesse ascoltato prima i miei saggi consigli, si sarebbe risparmiato due ore di sofferenza. Abbiamo chiesto aiuto alla gentilissima signora svedese che ci ha affittato la stanza, la quale è stata più che disponibile. Non ho nemmeno fatto in tempo a spiegarle che cosa stava succedendo che lei era già a telefono con il 112.
Alle 3.40 la nostra ospite ha ritelefonato al 112, protestando perché l'ambulanza non era ancora arrivata. Giusto per dire, quando abbiamo chiamato l'ambulanza in Italia perché mio nonno stava morendo, ci hanno risposto che non sarebbero mai arrivati in tempo e che avremmo fatto prima ad accompagnarlo in macchina. Giusto per dire, eh! L'ambulanza svedese, in realtà, era già arrivata, ma il palazzo era all'interno di un parco e l'autista aveva problemi ad entrare. Comunque, abbiamo avuto appena il tempo di uscire dal palazzo per andargli incontro che ci siamo ritrovati l'ambulanza davanti. Durante il tragitto verso l'ospedale, l'autista mi ha fatto qualche domanda e ha inserito i dati su un piccolo computer, suppongo per inviarli direttamente in ospedale e fare in modo che trovassimo già tutto pronto. Sia lui che il portantino hanno cercato di alleggerire un po' l'atmosfera, infilando domande importanti, come "gli è già capitato? Cosa fanno in Italia in questi casi? Quali medicine usa? Cosa ha scatenato il problema?", in discorsi sul clima italiano e svedese e sulla nostra vacanza. Magari a qualcuno avrebbe potuto dare fastidio, ma io ho apprezzato il tentativo: in qualche modo (molto svedese) dimostravano di capire la nostra angoscia e cercavano di farci stare meglio. Gli ho anche confidato di aver letto cose preoccupanti sul pronto soccorso svedese, tipo che devi stare proprio male per ricevere le dovute attenzioni. L'autista mi ha chiesto se le cose in Italia funzionano così e se sono questi gli standard a cui siamo abituati, perché lui passa le notti a soccorrere gente per qualsiasi cazzata. Certo, magari cazzata non è proprio la parola che ha utilizzato, ma il concetto era esattamente quello.
Alle 4.00 siamo arrivati in ospedale. Ad aspettarci c'erano tre infermieri e una specie di interprete che rispondeva alle mie domande, poste in inglese, con un disperato tentativo d'italiano. Ma dico io, se sto parlando in inglese, se ho già dimostrato di capire l'inglese e se il foglio che sto sventolando è scritto sia in svedese che in inglese, perché diamine non mi parli in inglese? No, doveva farci sentire con quale splendido accento pronunciava la parola diffisssiiile. Ma questa è la cosa peggiore che ci è capitata e mi rendo conto di star lamentandomi del superfluo. Cercate di capirmi, però: avevo un fidanzato urlante sulla barella, tre tizi che parlavano in svedese e che non riuscivo a capire e l'unica persona con cui potevo comunicare rispondeva ad ogni mia domanda (in inglese!) scuotendo la testa perché non le veniva la giusta parola italiana per rispondermi. Aggiungete al tutto il fatto che non avevo chiuso occhio, che ero angosciata e preoccupata e che il mio vocabolario di inglese stava preoccupantemente virando sul "the cat is on the table" per la disperazione, e capirete perché quella poverina è stata il mio capro espiatorio.
Alle 4.20 al mio fidanzato avevano fatto tutte le analisi del caso. Ci hanno messi ad aspettare il medico in una specie di grande corridoio, circondati da una tendina.
Alle 4.45 sono andata a protestare perché il medico non era ancora arrivato. Col senno di poi mi rendo conto che 20 minuti di attesa non sono molti, ma quando la persona che ami sta vivendo l'esperienza più dolorosa della sua vita i minuti sembrano dilatarsi. L'infermiera mi ha risposto che stavano ancora cercando un interprete (qui, davvero, mi sono cadute le braccia), perché la ragazza di cui sopra non si sentiva abbastanza preparata. Ma va? Ho fatto notare anche a quest'altra signora che potevamo tranquillamente farci capire in inglese, che il mio fidanzato stava urlando di dolore e non riusciva più a sopportarlo, e lei ha fatto il miracolo: ha recuperato la cartella del mio fidanzato (45 minuti in ospedale e già era schedato) e l'ha messo come visita successiva. Poi ci ha portati personalmente in una camera singola e ci ha detto che il medico sarebbe arrivato a momenti.
Alle 4.50 è arrivato il medico.
Alle 5.00 la visita è finita. Di nuovo, col senno di poi mi rendo conto di aver fatto due colossali cazzate: ho chiesto qualcosa per il dolore in attesa del medico (cosa assurda: se elimini il sintomo, come può un medico fare la diagnosi?) e mi sono presentata in ospedale con una diagnosi bell'e pronta, aspettandomi di essere creduta sulla parola. Certo, avevo ragione, il mio ragazzo sapeva bene cosa gli stava succedendo e volendo avremmo potuto anche suggerire con quali medicinali curarlo (ops... mi sa che l'abbiamo fatto!), ma un medico non può basarsi sulla diagnosi fatta dal paziente. Non in Svezia, almeno. In Italia funziona così, ma questa è un'altra storia.
Alle 5.10 il mio ragazzo era stato curato con la morfina.
Alle 5.20 la più dolorosa esperienza della sua vita era conclusa e finalmente lui ha potuto dormire un po'. Lui.
Alle 7.00 è entrata un'infermiera in camera. Dal momento che sono abituata a ben altro trattamento, sono rimasta a bocca aperta quando si è presentata, ci ha chiesto se avevamo bisogno di qualcosa, se poteva esserci di aiuto e poi si è scusata perché avrebbe dovuto disturbarci per pulire la stanza. Farei una battuta sul fatto che pure in Italia gli infermieri si presentano prima di pulire la stanza, se solo avessi mai visto qualcuno pulire la mia stanza durante i miei fortunatamente brevi ricoveri. Anche qui, non è per fare polemica, è giusto per dire.
Alle 7.10 il medico è tornato a controllare le condizioni del mio fidanzato. Oltre a fargli passare il dolore, la medicina gli aveva anche risolto il problema (mi sa che la morfina risolve un sacco di problemi), e quindi poteva essere dimesso.
Alle 7.20 è entrato un altro infermiere. Di nuovo, si è presentato, si è informato sulle condizioni del mio ragazzo, ci ha chiesto se poteva essere utile in qualche modo e poi, di sua spontanea volontà (mai ci saremmo sognati di lamentarci di quel medico!), è andato a sollecitarlo per le dimissioni. Tra l'altro, ci ha anche chiesto scusa, dicendoci che al momento era l'unico medico disponibile e che aveva un sacco di cose da fare, ma che comunque non era giusto che noi aspettassimo.
Alle 7.30 eravamo alla fermata del tram, diretti a casa.
Dopo qualche giorno, quando abbiamo potuto parlarne a mente lucida, io e il mio ragazzo abbiamo realizzato quanto è stato fortunato. Quando gli succede in Italia, 9 volte su 10 non lo ricoverano nemmeno. Gli dicono che deve avere pazienza. Quando torna, dopo un paio di settimane, per dire al suo medico che il problema non è passato, solo allora iniziano a prenderlo in considerazione. E comunque lo ricoverano per tenerlo sotto controllo, ma non sempre gli somministrano medicine. In tutta la sua vita, gli era successo una sola volta di avere un episodio così doloroso e in quel caso, curato con medicine evidentemente inadeguate, il problema si è risolto in 3 giorni. Io credo davvero che tutte le persone che si lamentano della sanità svedese abbiano avuto esperienze negative. Perché mai dovrebbero lamentarsi, altrimenti? Per noi, fortunatamente, tutto ha funzionato a meraviglia. I tempi sono stati brevi, il medico è stato molto gentile e ha dimostrato una competenza sulle malattie rare che pochi medici italiani hanno, il personale è stato davvero molto comprensivo e disponibile (sì, pure la scema che provava a parlare italiano), la cura è stata tempestiva ed efficace. Tutte cose che qui in Italia ci saranno, di sicuro, ma che noi non abbiamo mai avuto la fortuna di trovare.

sabato 11 agosto 2012

E fu la Svezia.

E così è arrivato anche il mio turno. Ebbene sì, ho messo piede in terra svedese. Solo per una velocissima vacanza, purtroppo, che mi è comunque bastata a decidere che la Svezia è davvero il paese dei miei sogni. Io e il mio fidanzato eravamo piuttosto indecisi tra la Svezia e la Germania; avevamo già visitato la seconda, ci era piaciuta, ma abbiamo concesso un'occasione anche alla prima perché volevamo essere sicuri di fare la scelta giusta e di trasferirci nel paese migliore. Inutile dire che la Svezia ha vinto su tutti i fronti, eccetto, forse, che sul cibo. Davvero, il cibo svedese è abominevole; almeno in Germania andavamo avanti a wurstel e bretzel (e tanta, tanta birra).
Comunque non ci siamo lasciati intimorire da certi dettagli, e nemmeno dal ricovero al pronto soccorso per coliche renali, e abbiamo deciso che quella sarà la nostra nuova patria.
A proposito dei problemi di salute, ringrazio di tutto cuore Fiammetta, Giulia e Marco, che ci hanno aiutati a capire come funziona la sanità svedese e ci hanno dato delle ottime dritte, che ci sono state enormemente utili in ospedale. Se non avessimo avuto la traduzione già pronta non sarei stata capace di spiegare "colica renale" in inglese, alle 4 di notte, con accanto un fidanzato urlante di dolore, a tre infermiere svedesi un po' "lente".
Il resoconto del viaggio, che arriverà ad ottobre, è già stato concesso in esclusiva ad un'altra blogger, ma qui posterò sicuramente il link. Per il momento, un piccolo indovinello: qual è la città sullo sfondo? Amici di fb, non barate! :)

lunedì 21 maggio 2012

Da non credere.

Non dar da mangiare ai troll, non dar da mangiare ai troll, non dar da mangiare ai troll, non dar da mangiare ai troll. Oh, al diavolo! Come faccio a rimanere in silenzio? E' così divertente! Arriva un coglione, uno a caso, e mi provoca. Ed io lì, pronta ad accettare la provocazione perché ho fatto della polemica sterile la mia ragione di vita. E allora godiamoci questa nuova perla d'irragionevolezza.

@CozzaPaola, amica di anonimo B(runo):Sei estremamente diffusa nel golfo inquinato della tua città,la tua è la categoria delle cozze ed è composta da esemplari di sesso (forse) femminile che poco hanno di umano e molto di celenterato... hai un peso variabile, non necessariamente eccessivo, ma in caso di peso 
"normale", l'assenza di grasso non ti pregiudica l'appartenenza alla classe, dato che normalmente le tue forme assomigliano più a quelle di un coccodrillo che di una donna. Non di rado, pur di darti un tono, te la tiri come più di una bella Gnocca (aridaje...), ottenendo come risultato una progressiva migrazione verso la categoria delle cretine solitarie.


Vi dirò, non sono proprio sicura che sia rivolta a me. Certo, io mi chiamo Paola, e sì, sono anche cozza, ma ci sono così tanti golfi inquinati in Italia che il dubbio mi è venuto. E poi temo di non potermi definire, purtroppo, amica di Bruno.
Vorrei portare la vostra attenzione sul fatto che l'ultimo post su questo blog risale al 13 aprile. L'ultimo post sul blog di Bruno, invece, ha data 7 marzo. Dunque questo genio dal linguaggio forbito ha impiegato, nella migliore delle ipotesi, 35 giorni per elaborare questa risposta così intelligente e sagace. Chi sono io, misero, insignificante essere umano dalle evidenti fattezze di celenterato per rispondere a Lui, il solo, l'unico e sommo Essere di Luce, Portatore di Verità ed Unico Giudice Supremo dell'umanità? Nessuno, appunto. E quindi non oso domandarmi (e men che meno domandarGli) quando e dove le cozze siano grasse. E non posso certo essere io ad obiettare che un coccodrillo non entrerebbe mai nella nera valva di un mitilo, né che i celenterati e i molluschi hanno in comune solo l'appartenenza al regno animale. Evidentemente Colui che tutto può ha l'immenso potere di disporre della biologia, oltre che della lingua italiana, come meglio crede, come più di un dio. Io mi inchino di fronte alla Sua onnipotenza e mi concedo solo un piccolo, insignificante vezzo: parafrasare la Sua illuminata parola conclusiva.
Immenso e Saggissimo Essere di Luce, La invito, in tutta umiltà, a recarsi laddove possa qualificarsi come partner passivo in un rapporto tra maschi adulti consenzienti.
Nel ringraziarLa per avermi donato un sorriso in questi giorni così oscuri e tristi per questo paese, Le porgo, con affetto, cordialissimi saluti.
CozzaPaola

venerdì 13 aprile 2012

Io sono un asino, tu sei un coglione.

Qualche tempo fa ho copiato sul blog un passo del libro "messaggio per un'aquila che si crede un pollo" dove, in sostanza, l'autore sostiene che è stupido sentirsi orgogliosi di cose per le quali non abbiamo merito, mentre è bello e liberatorio ammettere i propri limiti. Io sono un asino, tu sei un asino, diceva, contrapponendolo all'affermazione io sono ok, tu sei ok. Oggi, partendo da questo spunto, vorrei scrivere tre cose.
La prima si rivolge a tutti quelli (fortunatamente pochi) che, passando per questo blog, lasciano commenti del tipo "tu non capisci quanto sia meravigliosa l'Italia rispetto alla Svezia". Provate, per favore, ad azionare il vostro neurone solitario, se nel corso degli anni vi è sopravvissuto, prima di lasciare qualsiasi commento. Io non ho mai scritto che l'Italia fa schifo e che la Svezia è il paradiso. Io ho riportato storie e fatti realmente accaduti e documentabili. Dal momento che vivo in Italia, è ovvio e scontato che questi fatti siano avvenuti qui e non in Svezia. Posso chiedervi se, secondo voi, in Svezia potrebbero accadere queste stesse cose, ma mi limito a questo. Evidentemente qualcuno di voi ha la coda di paglia e si sente chiamato in causa in un paragone che, semplicemente, non c'è. Perché se chiedo "questa determinata cosa sarebbe possibile in Svezia?" mi sento rispondere "eh, tu non capisci quant'è bella l'Italia!"? Che c'entra? Precisamente, quand'è che ho detto che l'Italia è brutta? Io, poi, vivo in quella che considero la città più bella del paese e ne sono orgogliosa; questo, forse, cambia lo stato pietoso della nostra economia o della nostra politica? Recentemente ho ricevuto un commento, ovviamente anonimo (chissà perché 'sti geni non firmano mai i loro pensieri), in cui c'era scritto "beata te che pensi che all'estero ci siano tante opportunità", o qualcosa del genere. Come gli ho risposto, io non penso che all'estero le condizioni di vita siano migliori; io penso che la Svezia offra più opportunità dell'Italia. Estero è anche Grecia, ad esempio, e non mi sembra che i greci se la passino meglio degli italiani in questo periodo. Tra l'altro, più opportunità non vuol dire tutte le opportunità del mondo. Ci sarà la disoccupazione anche in Svezia, ovviamente, solo che gli svedesi vivono meglio degli italiani ed hanno più possibilità di noi. Se solo certa gente accettasse il fastidioso rumore dei neuroni in movimento e azionasse il cervello prima di scrivere, io potrei risparmiarmi certe precisazioni. Ma, come sappiamo, la madre dei cretini è sempre incinta, e statisticamente sarò costretta ad incontrarne una marea nella mia vita, anche sul web. Tra l'altro mi (e vi) chiedo: perché vi sentite così offesi da questo paragone? Se scrivo che qualcosa, in Italia, non va, subito correte a scrivermi che in Svezia non si sta meglio, che fa freddo, che la lingua è difficile, che le persone sono antipatiche. Perché vi sentite così inferiori da dover specificare continuamente che gli svedesi non sono poi così bravi, buoni e belli? Perché volete prendervi meriti che non avete, citando l'arte e la cultura italiane (come se l'arte e la cultura vi avessero mai sfiorati, brutta razza di analfabeti!)? Avete forse scritto libri, elaborato teorie filosofiche, portato avanti rivoluzioni o dipinto affreschi degni di nota? No? Allora non potete permettervi di parlare, perché non avete fatto assolutamente nulla per rendere grande questo paese. Che meriti avete se l'Italia è un paese così culturalmente ricco? Dal momento che girate per blog dedicati alla Svezia, forse nemmeno ci vivete, in Italia. Gli svedesi, al contrario, non avranno poi tanti antenati illustri, ma lavorano attivamente per rendere il loro paese un posto migliore e per garantire anche a voi (e a me, ovvio) un lavoro e delle condizioni di vita accettabili. Non saranno pittori, poeti, artisti, ma hanno fatto delle scelte politiche più intelligenti delle nostre. Negare ciò, a dispetto di ogni evidenza, è semplicemente ridicolo. Perché negate anche i fatti in nome di questo assurdo confronto? Vi sentite davvero tanto uno schifo da avere l'urgenza di specificare, ad ogni occasione possibile, che in fondo non siete proprio delle merde, ma c'è chi sta peggio? E volete proprio affermare questa presunta superiorità con paragoni politici e culturali improbabili? Io ve lo dico da amica: non ci fate comunque una grande figura. A volte la scelta migliore è il silenzio.
I paragoni improbabili mi portano al secondo punto del mio discorso: in questi giorni mi è capitato di leggere (ancora) insulti nei confronti dei napoletani. Ecco, io non spreco il mio tempo a discutere della superiorità dei napoletani sulla gente che scrive certi insulti, soprattutto perché sarebbe tempo perso e fiato sprecato. A differenza di alcune persone, io sono consapevole della mia superiorità e non sento il bisogno di ribadirla. Però una cosa va detta: insultare qualcuno in base alla nazionalità, al credo religioso o al colore della pelle è razzismo. Io non ho meriti se Napoli è una delle città più belle del mondo, né ho colpe se la camorra la sta distruggendo. Come dicevo all'inizio, io sono un asino. Ma tu, caro il mio coglione, sei un razzista di merda e né la tua nazionalità, né il colore della tua pelle, né dio in persona potranno salvarti dal baratro in cui sei caduto.
Infine, a proposito di essere orgogliosi del proprio paese, in questi giorni Napoli è ancor più bella del solito, grazie all'intervento di Giggino (sì, con due g) e all'America's Cup. Dopo tanti anni, finalmente la mia città è sotto i riflettori del mondo per qualcosa di bello, e il mondo non può far altro che ammirare il suo splendore. Non mi interessa se alcuni lavori sono stati fatti in modo frettoloso; non c'è bisogno di fare tanto, Napoli è stupenda di suo e nemmeno decenni di spazzatura sono riusciti a cancellare tutta l'arte, la storia e la cultura che permeano ogni pietra dei suoi palazzi storici. Bastava fare un po' di pulizia, lucidare qualcosina, ed ecco che è tornata a brillare. Ne sono orgogliosa, sì, e a giusta ragione: a differenza di gente che parla e basta, io ho agito. Ho votato. E, a quanto pare, ho fatto la scelta giusta. Che Napoli stia finalmente risorgendo è merito del sindaco come di tutti quelli che l'hanno votato; ma, soprattutto, è merito di quelle migliaia di napoletani che ogni giorno lavorano affinché la loro città sia un posto migliore in cui vivere, sia attraverso gesti eclatanti, come la lotta alla camorra, che attraverso le piccole cose della quotidianità, come la raccolta differenziata. Imparate, voi che esaltate tanto l'Italia e criticate la Svezia, e siete la rovina di entrambi i paesi.

EDIT: provate un po' a vedere qual è la città più bella dell'Europa occidentale. ;)

martedì 13 marzo 2012

Un po' di tempo per me.

Oggi, finalmente, ho un po' di tempo in più da dedicare a questo blog. Iniziamo con gli aggiornamenti:

  • sono stata bocciata all'esame (e ti pareva). La prof mi ha fatto una domanda su una specifica reazione chimica, ma quando ho sbagliato a scrivere una molecola (ho confuso la posizione di un ossigeno), mi ha bocciata dicendomi che non si può fare un esame di biochimica senza saper scrivere quella specifica molecola, e che, di conseguenza, non importava affatto che sapessi cos'è e in quali vie metaboliche è coinvolta. Durata dell'orale: 3 minuti netti. 
  • tre giorni fa è stato il mio compleanno. Festeggiamenti per due giorni, visto che era anche il compleanno del mio cognatino, tre torte diverse e una marea di regali costosi, per non parlare della montagna di fiori che ho ricevuto dal mio fidanzato. Tra l'altro, in questi tre giorni non ho fatto altro che pensare a due cose: 1) questo dovrebbe essere il mio ultimo compleanno in Italia e 2) nulla dice "ti amo" più di una gigantesca torta con meringhe e cioccolato, la cui preparazione ha richiesto una notte di lavoro. Mi sono sentita coccolata, amata e viziata.
  • la mia migliore amica è in Svezia ormai da un mese e un giorno. La sento spesso, più di quanto non la sentissi quando viveva a pochi km da me, ma ho l'impressione che non mi abbia detto niente di questo mese. Non so cosa mi aspettassi, probabilmente commenti entusiasti sull'acqua corrente (e magari pure calda) e l'esistenza dei bus, che nel mio quartiere sono miraggi. 
  • rimanendo in tema di acqua corrente, due anni fa, a febbraio, il mio palazzo e tutta la strada su cui poggia sembravano voler crollare, a causa di una perdita d'acqua che aveva corroso tutto il sottosuolo. Tanto spavento, ma poi siamo tornati a viverci rassicurati dal comune e da una colata di cemento. Ancora oggi mi chiedo come sia possibile riempire 500 mt di strada con una sola colata, ma queste sono domande esistenziali alle quali non avrò mai risposta. Sta di fatto che, pochi mesi dopo, si è ripresentato il problema, spostato di quei 10 mt necessari a coinvolgere un palazzo diverso dal nostro. E poi, un altro paio di mesi dopo, quello successivo. E poi... sono finiti i palazzi! Il bello di vivere nel terzultimo palazzo di Napoli. Sembrava tutto risolto, quando ieri è crollata una strada al centro del quartiere. Non trovate rassicurante l'idea che, dopo due anni, l'arin non abbia fatto assolutamente manutenzione, pur sapendo che nella zona c'è questo problema? A me basta che regga altri 11 mesi, poi fanculo a 'sto quartiere di...
Ed ora la risposta a due commenti:

  • a Zion, che mi diceva di laurearmi ed emigrare il giorno dopo, vorrei dire che io spero di emigrare molto prima della laurea. Questo perché non è giusto che il mio fidanzato, già laureato, debba perdere tempo prezioso qui in Italia solo per aspettarmi. Certo, potrei rimanere in Italia mentre lui inizia la sua nuova vita in Svezia, ma spero di poter continuare gli studi direttamente lì. So di gente che l'ha fatto, ma per il momento non sono riuscita a trovare nessuna facoltà di biotecnologie in Svezia, almeno non per il bachelor degree.
  • a Silvia, che mi spiegava il disturbo di identità di genere, vorrei dire che la cosa di cui mi sorprendevo non era questo cambiamento di sesso, ma gli elementi su cui si sono basati (almeno secondo l'articolo) per diagnosticare questo disturbo. Citando l'articolo:
    Le evidenze di questo disturbo sono comparse all'età di 3 anni: dai racconti della madre, si sa che Zach ha cominciato a fissarsi con giocattoli da bambina, poi a chiedere vestiti da femmina e a rifiutare qualsiasi cosa fosse tipicamente maschile.Io ho un fratello più piccolo; da bambini giocavamo insieme con le bambole ed entrambi usavamo pantaloni comodi e t-shirt. Non è certo questo che ha influenzato il nostro sviluppo sessuale. E, aggiungo, non me n'è mai fregato niente di come mia madre decideva di vestirmi. Personalmente trovavo scomodissime le calze e la maglia di lana e stavo bene se i miei vestiti erano comodi, larghi e mi permettevano di giocare liberamente. Non capisco cosa intenda certa gente con "cosa tipicamente maschile". Vuol dire che un maschietto non può giocare con le bambole, o che una femminuccia non può divertirsi con le macchinine? Questi mi sembrano preconcetti degli adulti che non hanno niente a che vedere con la sessualità dei bambini. Peggio ancora:
     da un anno si veste e gioca come preferisce, a scuola i compagni lo trattano come una bambina e da quando anche i familiari e gli educatori lo considerano una femminuccia, Zach è molto più sereno. 
    Innanzitutto, mi sembra ovvio che lasciare ad un bambino la libertà di giocare e vestirsi come crede corrisponda ad un miglioramento della sua condizione psicologica. La cosa che mi preoccupa, però, è  la frase "gli educatori lo considerano una femminuccia". Cosa vuol dire? Cosa fanno gli educatori con le femminucce? Come si può avere un comportamento diverso con i bambini di cinque anni, basandosi sul sesso? Io sono stata educata dalle suore, che sono il sessismo fatto essere umano e mandato in terra a punirci per le nostre vagine, eppure perfino loro non facevano distinzione tra maschietto e femminuccia e ci terrorizzavano e picchiavano senza alcuna distinzione di genere. Non sarà, forse, che certi "educatori" con le femminucce sono più pazienti e comprensivi, e per questo il bambino adesso è più sereno? Infine, la frase che, più di tutte, mi terrorizza:
    Zach non riusciva proprio a vivere tra macchinine, robottini e pistole giocattolo. Fin da piccolissimo — i genitori sostengono fin dall'età di 3 anni- Zach sognava di essere una bambina. Di indossare il tutù rosa, di giocare con Dora l'Esploratrice, di pettinare le bambole 
    Ma porca paletta! Io pretendo che il mio futuro figlio, maschio, sia libero di giocare con Dora l'esploratrice e di pettinare le bambole! Rivendico il diritto della mia bimba non ancora nata a far scontrare le macchinine e sparare con pistole giocattolo ai robottini! Voglio che la futura lei si senta libera di vestirsi da Batman per carnevale, e che il futuro lui non si vergogni di indossare una maglietta rosa (colore che, nei negozi partenopei, ormai spopola per gli uomini, insieme al lilla. La rivincita dei gay repressi?). Voglio che mio figlio non indossi la gonna perché è scomoda, e non perché è femminile, soprattutto considerato che i preti, i popoli arabi e pure i maghi di Harry Potter la indossano. Un giorno potrei ritrovarmi costretta a spiegargli che Gandalf, con quei capelli lunghi e la tunica bianca, non era abbastanza "virile", o che Legolas si è fatto prestare il vestitino di Trilli e no, non si fa!
    Ho conosciuto una bambina, ultima di 4 figli, che voleva a tutti i costi farsi spuntare il pisellino. Passava ore seduta sul gabinetto sperando di vederlo comparire, lo chiedeva come regalo a Babbo Natale e ad ogni doccia credeva che qualcosa, tra le sue gambe, stesse crescendo e che fosse solo questione di tempo prima di ritrovarsi un bel pene vero. Per non parlare del fatto che rubava i vestiti ai fratelli, che era il più "maschio" del gruppo, che aveva modi da scaricatore di porto (con tutto il rispetto per la categoria) e la famiglia non riusciva a tenerla ferma e buona un solo istante. Mai giocato con le bambole, mai ricamato, mai fatto le faccende domestiche perché donna, ma solo perché costretta e solo quando anche i fratelli capitolavano. Ecco, questa bambina, oggi è una giovane Donna, convinta della sua sessualità, tranquilla, pacata e riflessiva, perfetta nella gestione della casa e, ahimé, costretta a crescere troppo in fretta da una situazione familiare difficile. Del maschiaccio ribelle che era da piccola non c'è più traccia, né sessualmente, né caratterialmente. Non voglio dire che le donne siano per forza pacate e riflessive, o che gli uomini non lo siano, ma vorrei evidenziare che è diventata il contrario di quello che era da piccola: da mostro ingestibile a persona tranquilla, serena e in pace col suo corpo e la sua sessualità.
Un'ora intera passata a scrivere. Come mi sento soddisfatta!