venerdì 27 gennaio 2012

Capire, non ricordare.

L'essere umano ha la sorprendente capacità di classificare gli oggetti in gruppi. Vuol dire che riusciamo a catalogare alla voce "albero" tutti i possibili tipi di alberi, indipendentemente dalla forma, dal colore delle foglie, dall'altezza o dal tipo di corteccia. E così possiamo fare anche con le persone, sebbene i confini siano più confusi, ed etichettarle come buoni, cattivi, bianchi, neri, atei, credenti, italiani, stranieri...
Oggi ricorre il giorno della memoria, creato qualche anno fa per "non dimenticare". Era lo slogan ufficiale della giornata, e per qualche anno ce lo siamo ritrovati ovunque ogni 27 gennaio. Ma riflettiamo un attimo su cosa significhi realmente "non dimenticare". Quando si ricorda qualcosa, istintivamente ritornano in mente le sensazioni che provavamo nel momento che cerchiamo di rievocare. In particolare, non dimenticare i campi di concentramento vuol dire ricordare che c'è stata una dittatura, che sono morte delle persone, che si è creata una situazione particolare in tutta Europa che ha permesso ad un gruppo di persone di decidere le sorti di sei milioni di ebrei. Per quanto possa sembrare lodevole ricordare e tramandare tutto ciò, non è di questo che abbiamo bisogno. Noi dobbiamo capire, dobbiamo analizzare, dobbiamo imparare. Che senso ha ricordare che è esistito un campo di concentramento se poi non ne riconosciamo un altro quando ce lo troviamo davanti? Quale lezione possiamo imparare dal passato, se continuiamo a tramandare solo i fatti e non ci poniamo domande? Com'è stato possibile? A chi è servito? Perché è stato fatto? Chi lo ha permesso? Come sono riusciti ad anestetizzare l'Europa intera fino a questi livelli?
Onestamente, sono stanca di questo buonismo ipocrita che ci spinge a guardare Schindler's list una volta all'anno, come a voler espiare peccati commessi da altri con un'unica sera di lacrime. E' come se qualcuno ci dicesse "ricordi quando ti sei scottato?" e continuasse a riproporci immagini di persone ustionate, senza però spiegarci che è il fuoco a bruciare, e anzi continuando ad appiccare incendi. Il nazismo non è stato un periodo di follia collettiva, nè un'epidemia che è scomparsa; bisogna pensare alla dittatura come ad un colossale lavaggio del cervello ad opera di persone altamente preparate e competenti. Crediamo che non potrebbe capitarci mai, che noi non accetteremmo certe condizioni, che la vita è cambiata, che grazie ad internet ci sarà sempre libertà di informazione. Fermatevi solo un attimo a riflettere su quanto sia cambiata la vita in Italia negli ultimi anni. Abbiamo accettato leggi ingiuste, al limite dell'assurdo, abbiamo rinunciato ad ogni sicurezza, abbiamo relativizzato la morale. Quanti di voi hanno l'età per ricordare quando in tv faceva scandalo un ombelico scoperto? Ed ora, solo poche decine di anni dopo, accettiamo che un ministro dica che è normale che una bella ragazza si prostituisca per fare carriera. Abbiamo accettato compromessi su compromessi, e in nome di una finta libertà abbiamo rinunciato a tutti i capisaldi della nostra cultura e della nostra morale. Il tutto in pochi anni. Cosa vi fa credere di essere immuni dalla dittatura? Viviamo in un paese che è al 61° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa, un paese in cui "ricordare" vuol dire "ricordare le colpe degli altri", dal momento che i campi di concentramento esistevano anche in Italia, ma che nessuno, nemmeno in questa ricorrenza, ne parla mai. Di tutti i film dedicati al nazismo, non ne ho visto uno che spiegasse cosa è realmente successo per spingere la popolazione ad accettare lo sterminio degli ebrei. Non si parla mai del perché fosse economicamente conveniente uccidere tante persone, né dello sviluppo della Germania dopo la guerra. Solo in un'occasione mi è capitato di vedere un film molto istruttivo su come si crea un'ideologia (Die welle, l'onda, che vi consiglio vivamente) e su quanto sia facile coinvolgere e trascinare le masse, indipendentemente dal credo. Indovinate? Film tedesco. Noi italiani, invece, siamo bravi a mostrare cadaveri e sparatorie, riducendo lo sterminio di sei milioni di innocenti (non solo ebrei) ad un'ora e mezza di luoghi comuni e patetiche scene piagnucolose piene di frasi ad effetto. Ma il succo qual è? Ci identifichiamo nel dolore di persone che hanno dovuto abbandonare la propria casa e i propri cari per essere sfruttate fino alla morte, ma poi quanti si fermano a pensare a come vengono trattati gli immigrati nei nostri "centri di accoglienza"? Ricordare? No. Non ricordate. Imparate. Ponetevi domande. Cercate risposte. Andate fino in fondo, non accontentatevi di spiegazioni superficiali. Analizzate la realtà in cui vivete. E anche dopo aver fatto tutto ciò, non consideratevi mai immuni alle ideologie. Solo così la "giornata della memoria" avrà un senso.

4 commenti:

  1. Totalmente d'accordo con te! Anche a me da un po' di anni dà fastidio questa sorta di ipocrisia che si forma attorno ad una delle pagine più nere di tutta la storia dell'umanità. E' veramente triste "ricordare" oggi e poi, domani, essersi già dimenticati di aver ricordato. Il giorno della memoria dovrebbe essere tutti i giorni: nei comportamenti, nei pensieri, nelle parole di ogni persona consapevole.

    RispondiElimina
  2. i campi di concentramento erano 18 anni fa al di la dell'Adriatico e nessuno fece nulla!! l'ipocrisia domina ( e non solo l'ipocrisia)!!

    RispondiElimina
  3. Ricordo il titolo di uno dei libri di Primo Levi, italo ebreo (non so se sia giusto il termine) deportato ad Auschwitz e sopravvissuto, morto suicida un pò di anni dopo la guerra. Beh questo libro s'intitola "I sommersi ed i salvati", non l'ho mai letto, ho solo letto "Se questo è un uomo" e "La tregua", ma volevo appunto soffermarmi su quel primo titolo... sommersi, salvati... i salvati dovrebbero essere i sopravvissuti, i sommersi invece dovrebbero essere tutte quelle persone che non ce l'hanno fatta. Però riflettendoci bene, anche in base a ciò che hai scritto tu, io credo proprio che i sommersi siamo tutti noi, e i salvati sono quelli che riescono a pensare con la propria testa e non con il cervello mediatico propinatoci da un satellite o da una rete internazionale. Nessuno di noi sarà un "salvato" fino a che continuerà ad essere ipocrita giorno dopo giorno. Siamo sommersi, speriamo di salvarci presto...

    RispondiElimina
  4. I campi di concentramento in Italia ci sono ancora. Sono i cosidetti Centri di Accoglienza Temporanea, praticamente delle prigioni dove vengono sbattuti dove i migranti che arrivano in Italia in cerca di un po' di pace e pane.

    Per non parlare del fatto che i figli degli stranieri nati in Italia non hanno la residenza e che chiunque può essere accusato senza prove e tenuto in un carcere sovraffollato anni e anni in attesa di giudizio.

    I diritti umani in Italia vengono calpestati ogni giorno.

    @Franxy, non esiste il termine "italo ebreo", un italiano di religione ebraica è italiano e basta.

    RispondiElimina