mercoledì 2 febbraio 2011

Cittadini del mondo

C'è chi nasce napoletano. Come SuperZia, che a Londra chiedeva una "shke-da te-le-fo-ni-ka" e pretendeva che la capissero perchè se gli immigrati, a Napoli, imparano a capirti allora dovevano imparare anche gli inglesi.
C'è chi nasce italiano. Come Franco, che dopo 40 anni in Svezia torna in Italia, perchè è il paese in cui ha lasciato il suo cuore.
C'è chi nasce europeo. Come me, che guardo ancora la webcam su Marienplatz e poi chiudo gli occhi e sogno di stare lì, e che piango se una mia amica mi mostra le foto delle sue vacanze a Londra.
C'è chi nasce cittadino del mondo. Come tutte quelle persone che, quando si trovano costrette ad emigrare, non scelgono gli USA o l'Europa, ma affrontano coraggiosamente paesi lontani dalla loro cultura, e lo fanno con tanto entusiasmo e voglia di conoscere.
Mi è capitato, proprio qualche  minuto fa, di leggere dei commenti su un blog. Il concetto, che non riguardava affatto l'argomento del post, era più o meno "continuate pure a parlar bene della Svezia, così la gente ci crede e si trasferisce, senza sapere che qui un laureato è trattato come un qualsiasi immigrato". Purtroppo non è l'unico commento del genere che mi è capitato di leggere. Molti si lamentano delle "leggi di Jante", altri non riescono ad accettare di essere scambiati per arabi o di essere trattati (bene) come gli arabi.
Non so cosa passi nella mente di certa gente, ma sono davvero nauseata dal loro senso di superiorità. Una persona che si trasferisce dal proprio paese ad un altro è un immigrato. Che sia il marocchino in Italia o l'italiano in Svezia, non c'è differenza. Temo che sia una cosa che gli italiani all'estero proprio non riescono ad accettare. Siamo così abituati ad essere serviti dalle colf polacche e filippine, dai camerieri cinesi, dai venditori ambulanti africani, che non prendiamo nemmeno in considerazione l'idea che loro valgano quanto noi. No, loro sono immigrati. E se ci capita di trasferirci all'estero, noi siamo italiani: siamo quelli con la laurea, siamo quelli che valgono, siamo intelligenti, siamo artisti, siamo i veri cattolici, siamo gli unici depositari della Verità. Guai se qualcuno osa metterci sullo stesso livello di un arabo! Guai se, nelle liste d'attesa per le case, i rifugiati politici provenienti da paesi distrutti dalla guerra ci passano avanti! Che avranno mai fatto, questi "rifugiati", per meritarsi il nostro posto? Che se ne tornino a morire nel loro paese, chè qui c'è gente che vuole lavorare, che è brava e competente, che ha diritto a tutto perchè è italiana.
Tutto ciò che ho scritto finora è tratto da blog, mail e commenti che ho trovato in giro per il web. Non ho inventato nulla, ho solo citato. Trovo che questa arroganza sia disgustosa. Come è disgustoso il modo in cui gli immigrati vengono trattati in Italia.
Di cittadini del mondo, di persone che si considerano uguali agli altri e non superiori, di gente aperta al dialogo e curiosa verso le diversità ce n'è davvero poca. Persone come Carin, che è riuscita a fondere due culture opposte (quella del nord della Svezia e quella del sud dell'Italia) e a prendere solo il meglio da entrambe. O come Stefano, che insegna alle sue bimbe tutto il bello della cultura italiana senza farle sentire straniere in Svezia. O come Antonio, che ha deciso di impegnarsi nell'imparare una nuova lingua per un soggiorno di un solo anno in Svezia, pur avendo la possibilità di farsi capire in inglese.
Gli altri, quelli che rimangono italiani e solo italiani, prima o poi torneranno nell'unico posto che considerano "casa", perchè non riusciranno mai ad accettare che persone, idee e valori diversi possano valere qualcosa.
E -concludendo con un po' di quella prosopopea che ho tanto denigrato fino ad ora- tanto meglio per me.

3 commenti:

  1. non posso che darti ragione al 100% anche su questo... al punto che, se provi ad accennare ad un conoscente all'estero della possibilità di cercare lavoro e trasferirti in Nord Europa, ti guardano scettici, o rassegnati. e non perchè sei straniero, ma perchè sei italiano!

    mio padre ha lavorato sei mesi in Sudafrica, insieme ad altri suoi colleghi, alcuni dei quali dovevano rimanere qualche anno quindi, in buona sostanza, trasferirsi. Lui partì con qualcosa come 10 scatoloni di cose, loro ne portarono tipo 60, di cui la metà pasta, olio, parmigiano, prosciutto sotto vuoto e mille altre cose italiane. In tutti quegli anni, hanno continuato a farsi spedire da mangiare e a non comprare le cose locali. Nonostante la pasta italiana, a Johannesburg, fosse scotta prima di cuocersi per via dell'altitudine.
    Questi sono buona parte degli italiani all'estero, delle macchiette!

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  2. Mi ricorda molto un film di Totò, quando lui e Peppino appendono i salami nella camera dell'albergo. :D
    SuperZia ha provato tutti i ristoranti italiani di Londra, prima di rassegnarsi ad un take away messicano. E doveva passarci solo 10 giorni!
    Ho provato a recuperare il tuo indirizzo email dal profilo, ma blogger mi blocca. Se non ti va di scriverlo qui, potresti inviarmi una mail, anche vuota.
    (Oggi sono in piena fase "io Tarzan, tu Jane". La mia capacità di organizzare una frase di senso compiuto è morta quando il mio unico neurone, Giacomo, ha deciso di prendersi una settimana di ferie. Chiedo umilmente perdono.)

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