martedì 12 aprile 2011

Morire di fame.

Sto progettando questo post da tantissimo tempo. Mesi ormai. Eppure ancora non so come iniziare il discorso, cosa dire, quali argomenti trattare e quali no.
Mi piacerebbe parlare di anoressia.
Inizio col dire che io non sono un'anoressica "vera". Quando il nutrizionista me l'ha detto, la mia risposta è stata "anoressica? Chi, io? Ma noooo! Non ci credo!"; in effetti peso 55 kg e sono alta un metro e mezzo, quindi non sono proprio una mazza da scopa. Anzi, ho un po' di pancetta, il culo grosso, i fianchi larghi, tutti i muscoli flaccidi... insomma, non sono proprio il ritratto della fame. E nemmeno quello della salute, purtroppo.
Volevo prendere spunto da un meraviglioso post di Orma, "educare all'obesità", per raccontare come mi hanno educata al digiuno, ma non sarò mai brava quanto lei a descrivere, in poche frasi, quei meccanismi che portano ad avere un rapporto sbagliato col cibo.
Forse dovrei iniziare con la distinzione tra persone che non sanno mangiare e persone che vivono il cibo come "altro". Alla prima categoria appartiene quella gente che, troppo pigra per cucinare un piatto di pasta, strafoga schifezze nei fast food pensando di essere immortale; alla stessa categoria appartengono anche tutte quelle cretine che non mangiano perchè "vogliono fare le modelle" (ma quanto era diseducativa la pubblicità del philadelphia?). Questi non sono disturbi alimentari; si tratta di ignoranza, cattiva educazione e stupidità.
Escludendo quindi le persone che non sanno mangiare, rimangono quelli che vedono nel cibo qualcosa di più: la concretizzazione dei sentimenti, la soddisfazione dei bisogni, il piacere di scoprire nuovi gusti. L'anoressia è la negazione di tutto ciò, è il rifiuto dell'affetto altrui, è il desiderio di autodistruzione, è la chiusura verso il mondo e ciò che può offrire. Credo che sia la più grande forma di odio, quello verso se stessi. Vuol dire non sentirsi mai all'altezza, mai amate, mai in grado di affrontare la vita, e colpevolizzarsi per questo.
Io ho iniziato a digiunare a 5 anni, a scuola. Quelle adorabili suore non controllavano certo che mangiassi, nè si sono mai preoccupate di avvisare i miei genitori che saltavo i pasti, le volte che se ne sono accorte. Ricordo che mi sedevo in disparte, a volte da sola, in un angolo del refettorio, e giocavo con il cibo finchè tutti i miei compagni di classe non finivano di mangiare. A quel punto la suora mi ricordava che razza di problema fossi, così lenta, così svogliata, così dannatamente decisa a rifiutare il cibo che dio mi aveva concesso, poi chiamava a rapporto tutti gli altri bambini e mi lasciava sola nella stanza. A sua discolpa, devo dire che ha provato a convincermi a mangiare con diverse argomentazioni: pensa ai bambini poveri, sei una schifosa egoista, tutte le altre classi hanno già finito e noi stiamo aspettando te, tutto il cibo che non mangi adesso dovrai mangiarlo all'inferno, stai facendo piangere Gesù bambino, brucerai per l'eternità e sentirai un dolore atroce. Un bel modo, insomma, di insegnarmi ad associare il cibo alla sofferenza, al demonio, alla cattiveria. Io resistevo, comunque. Sfidavo tutte le mie paure, venivo pubblicamente umiliata ogni giorno, ma non ingoiavo un maccherone. Appena rimasta sola, buttavo tutto e aspettavo un po' prima di tornare in classe. Alcune compagne di classe mi hanno anche insegnato a spargere la pasta sui tavoli, visto che il mucchietto nel bidone era facilmente individuabile e non ci sarebbe voluta una laurea per capire chi l'aveva buttata. E così ho imparato a non ascoltare il mio corpo, a non sentire la fame, a non mangiare dalla colazione alle 7 alla cena alle 21. Questo mi ha aiutata quando, a casa, ho iniziato a rifiutare i pasti che mi preparava mamma: una volta ha provato la tecnica del "se non vuoi questo piatto di verdura, allora non avrai altro" e ho resistito per due giorni, finchè lei, preoccupatissima, non si è arresa.
I ricordi che ho dei miei pasti sono tremendi. Almeno a scuola c'era un tempo limite, dopo il quale la suora mi lasciava sola e potevo liberarmi del cibo. A casa, invece, impiegavo ore a finire un pasto. Una volta una fettina di carne mi è durata da pranzo a cena, dalle 12 alle 22. Non potevo alzarmi da tavola finchè non finivo ciò che avevo nel piatto. Non so se fossero realmente porzioni esagerate, ma io vedevo ogni piatto come una montagna da scalare. Non sono mai stata grassa, quindi credo che le quantità fossero adeguate al mio bisogno fisico. Tuttavia, non si teneva conto della sofferenza psicologica. Ogni pasto era una tortura, ogni cibo, dalla carne alla cioccolata, era il male. Odiavo mangiare. Odiavo nutrirmi, sentire il sapore delle cose, masticare, sentirmi sazia. Ho ancora davanti agli occhi lo sguardo furioso di mia madre che, esasperata, mi chiudeva il naso per obbligarmi ad aprire la bocca e poterci infilare cibo. Masticavo per ore senza ingoiare, così da non dover passare al boccone successivo. Dovevano picchiarmi per costringermi ad assaggiare cose nuove, ed anche di questi episodi ho il chiaro ricordo di me con le spalle al muro e dei miei genitori a bloccarmi ogni via di fuga finchè non avessi ceduto. Vincevano loro, ovviamente, ma ad ogni pasto, ad ogni boccone, mi ripromettevo che da grande non avrei mai e poi mai mangiato.
Sognavo la libertà dal cibo.
Crescendo ho imparato a controllarmi, a mangiare in tempi decenti se c'erano testimoni e ad inventare pasti inesistenti ogni volta che non ce n'erano; raccontavo di aver mangiato da amici, oppure per strada, sporcavo i piatti di salsa prima che i miei genitori tornassero da lavoro, inventavo nausee e mal di testa, rifilavo la mia porzione a quell'aspiratutto ambulante che era mio fratello.
A 12 anni ho vissuto una splendida esperienza in un centro estivo. Camminavo, facevo sport, ero continuamente in giro. A pranzo mangiavo due fettine di pane, a cena non mi presentavo nemmeno. Potevo farlo, ero libera e mi godevo la sensazione che mi procurava una vita senza pasti: ero felice. Ho perso 7 kg in 6 giorni; quando i miei genitori sono venuti a riprendermi non mi hanno nemmeno riconosciuta.
A 13 anni calcolavo quanto tempo mi ci sarebbe voluto per morire di fame, per poi concludere che non ce l'avrei mai fatta, perchè i miei se ne sarebbero accorti e mi avrebbero obbligata a recuperare giorni e giorni di pasti. Però sognavo comunque di morire, lasciandomi andare allo stato di confusione e spossatezza che causa il digiuno. Perfino il mal di stomaco e i crampi mi piacevano. Non avevo, psicologicamente, la forza necessaria ad affrontare la vita, quindi puntavo a togliermi ogni forza fisica, a rimanere stesa sul letto fino a svenire dalla fame, per non risvegliarmi mai più.
A 18 anni la mia dieta consisteva in sogliola, pollo, mucca, legumi, tantissimi dolci. Non mangiavo nessun altro tipo di pesce, nè frutta, nè verdura. Già durante le elementari avevo imparato che una buona botta di zuccheri mi sosteneva per tantissimo tempo e mi evitava anche il mal di testa, quindi dosavo i dolci in modo da non sentire mai la fame. Piuttosto che mangiare una merendina a pranzo, la dividevo in tante parti e ne mangiavo un boccone ogni ora; in tal modo mi sembrava di avere continuamente un apporto di energie sufficiente a tirare avanti, senza però dover mangiare davvero. Il problema, in fondo, era sempre lo stesso: mangiare. Non mi è mai interessato dimagrire.
Io non volevo mangiare.
Ho tenuto fede alle mie promesse di bambina: appena ho potuto oppormi alla volontà dei miei genitori, non solo non ho assaggiato cibi nuovi, ma ho anche smesso di mangiare i vecchi. Ho limitato la mia dieta a carne, pasta e legumi una volta a settimana. Non c'era niente che mi piacesse. Persino i dolci, che mangiavo tanto spesso, non mi "piacevano" nel vero senso della parola. Li preferivo ad altro, ma non mi procuravano quel piacere che il cibo dovrebbe dare. In realtà, non ho mai provato piacere nel mangiare. Mi sento come una cieca, che immagina i colori ma non può vederli. Io so che esistono persone che si sentono bene quando mangiano, che si sentono appagate, che provano il gusto di assaporare le cose; io stessa provo curiosità quando sento un buon profumo provenire da un ristorante, ma il gusto non mi soddisfa mai. Quando sento il profumo della frittura, ad esempio, provo un fortissimo impulso verso il cibo, mi viene voglia di assaggiarlo, mi sembra addirittura di aver fame; poi, però, passare dal gusto dedotto e immaginato dall'odore a quello reale è sempre una delusione. Ho un palato estremamente sensibile e tutto mi disgusta. Sento il profumo e penso "diamine, come mi piacerebbe mangiare questa cosa!", e quando la assaggio mi rendo conto che mi fa schifo come il resto e che mai, mai potrò provare il piacere di mangiare, di soddisfare una voglia. Per questo non sono mai tentata da niente, anche quando certi profumi mi fanno venire il mal di stomaco dal desiderio.
La mia dieta, assolutamente priva di tutte le sostanze necessarie, non mi ha portata a dimagrire. Al contrario, il mio corpo ha "capito" che il cibo scarseggia e ha  sviluppato la tendenza a trasformare tutto in riserve di grasso. Ecco perchè nessuno mi ha mai considerata anoressica. Ecco perchè nemmeno io ci ho mai pensato, nonostante i segnali. Durante i periodi più difficili della mia vita, arrivavo a pesarmi anche una volta all'ora, come se saltare il pranzo o fare la pipì potessero avere un effetto immediato sul mio peso. Ma poi io stessa frenavo questa follia e mi dicevo che l'importante non era dimagrire, era non mangiare.
Non ero anoressica, io.
Le anoressiche erano quelle ossessionate dal peso, io ero una ragazza normale a cui non piacevano certi cibi. Ok, tutti i cibi. Ma, in fondo, ogni persona ha le sue preferenze, no?
E poi ho dovuto ammettere che qualcosa non andava. Ho perso i capelli (e non riesco a recuperarli), gli ormoni mi si sono completamente sballati, non sono cresciuta, mi bruciava la pelle (letteralmente!), la vista andava e veniva a seconda della giornata, avevo un sistema immunitario praticamente inesistente, non riuscivo a concentrarmi.
Anche se mi ero resa conto che la dieta sbagliata mi stava facendo male, non è stato facile credere alla diagnosi del nutrizionista. Ancor più difficile è stato iniziare un percorso di guarigione, continuamente ostacolata dai miei genitori. Ma di questo parlerò la prossima volta.

5 commenti:

  1. Aiuto! Che post! Quanta sofferenza c'è ancora, come la capisco.
    Sai, quella cosa che hai scritto in modo splendido sul sentire i profumi e voler assaporare quella cosa e poi il tuo palato non la capisce, è così anche per me, solo che io semplicemente ingoiavo e quindi non passavo dal palato, il palato nemmeno aveva il tempo di cogliere i sapori, perchè tutto doveva essere fagogitato prima che diventasse caldo, prima che raffreddasse, prima...
    E poi quella frase "ci sono tanti bambini che muoiono di fame", sì, ma muoiono lo stesso che uno mangi quello che ha nel piatto o che non lo mangi e allora è meglio che lo lasci se non ce la fa, perchè non si può mettere all'ingrasso o far odiare il cibo un bambino.
    Grazie per la citazione e per le bellissime parole che hai usato per descrivere il mio post.
    Ti abbraccio e ti sento davvero vicina.
    Spero che il tuo percorso da poco iniziato ti porti ad amarti.
    Brava!

    p.s.: grazie per i consigli, ci proverò!

    RispondiElimina
  2. ed io che ti conosco da 11 anni non ho mai capito nulla. Che razza di amica sono? Purtroppo ancora oggi presa dalla preoccupazione non so come spronarti o aiutarti e magari ti prendo nel modo sbagliato. Ti voglio bene Paole

    RispondiElimina
  3. Ho letto solo ora questo post, per puro caso ci sono capitato. Ti volevo dire che, anche se non ti conosco, ti sono vicino. Perché ci sono passato, anche se non ero così grave (lo pensiamo tutti vero?).
    Ti auguro di vivere serena. Te lo auguro davvero!
    Mauro

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi dispiace che sia capitato anche a te, sono cose che non dovrebbero succedere mai, a nessuno.
      Ora, fortunatamente, sto molto meglio; visto che hai scritto al passato, voglio sperare che anche tu sia riuscito a superare questi problemi.
      Ti abbraccio.
      Paola

      Elimina