venerdì 1 luglio 2011

Io sono un asino!

Sto preparando un lungo, complesso ed impegnativo post sulla questione dei rifiuti napoletani. Lo so, avevo detto che non ne avrei mai parlato. Fortunatamente i tempi cambiano, cambiano i ragionamenti e le considerazioni che sono alla base di certe scelte, ma, più di tutto, cambiano i sindaci.
Stasera, però, voglio lasciarvi con un piccolo brano tratto dal libro di Anthony De Mello "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo".

La gente viene a visitare il mio centro in India e dice: "che splendido posto, che begli alberi" (dei quali io non sono affatto responsabile), "che clima piacevole". E già comincio a sentirmi bene, finchè non mi sorprendo a sentirmi bene e mi dico: "ehi, ma siamo impazziti? Che stupidata è questa?". Non sono io il responsabile di quegli alberi, nè ho scelto io quel luogo. Non ho ordinato il clima: è capitato che ci fosse bel tempo per caso. Ma il "me" è entrato in gioco, e quindi mi sento bene. Mi sento bene nei confronti della "mia" cultura e della "mia" nazione. Ma a che punto si arriva con la propria stupidità? Non scherzo.
Mi viene detto che la mia grande cultura indiana ha prodotto un gran numero di mistici. Non sono stato io a produrli. Non sono io il responsabile. Oppure mi dicono: "quel tuo paese, con tutta quella povertà, che schifo". Mi vergogno. Ma non sono stato io a crearlo. Cosa succede? Vi siete mai soffermati a pensare?
La gente vi dice: "lei ha un grande fascino" ed ecco che ci si sente al settimo cielo. Ho messo a segno un punto (è per questo che si dice: io sono ok, tu sei ok). Un giorno scriverò un libro intitolato Io sono un asino, tu sei un asino. Ammettere di essere un asino è la cosa più liberatoria e magnifica del mondo. E' splendido. Quando la gente mi dice: "hai torto" io rispondo: "cosa ti aspettavi da un asino?"

3 commenti:

  1. L'ho letto anche io quel libro e lo rileggo spesso. Il passaggio che hai citato è molto liberatorio soprattutto per chi vive all'estero. Io non mi prendo il merito per Michelangelo e Caravaggio, ma rinuncio alla colpa per Berlusconi, la monnezza, la corruzione... Aaaaahhhhh che sollievo!

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  2. Essere napoletani al giorno d'oggi è un peso enorme. Tutti mi dicono che, una volta emigrata, dovrò dimostrare continuamente di essere una brava persona, lavorare il doppio, beccarmi critiche e insulti razzisti. Ecco, io non noterò la differenza.
    Mi piacerebbe riuscire a passarci su, ma purtroppo la mia vita dipende molto dal giudizio altrui. Spero di riuscire a far miei certi concetti del libro, ma so che ci vorrà tanto lavoro.
    Paola

    PS: è ridicolo che io debba postare commenti anonimi sul MIO blog! Maledetto profilo google!

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  3. Non ti preoccupare. Noi napoletani lavoriamo spontaneamente il doppio, perché con la fatica che si fa a trovare lavoro a Napoli, quando lo troviamo altrove non lo diamo per scontato e non ci dimentichiamo mai della concorrenza.
    Insulti razzisti veri e propri sul lavoro non ne ho mai ricevuti, almeno apertamente. Più che altro qualche battuta poco opportuna, ma perdonabile. E poi su di noi ci sono anche dei pregiudizi positivi: che siamo simpatici, creativi, comunicativi, abbiamo capacità di problem solving, siamo disponibili e generosi. Molti con dei pregiudizi negativi cambieranno idea dopo che ti avranno conosciuta. Degli altri che te ne importa? Solo gli stupidi non cambiano mai idea.

    Con Firefox il profilo di google mi funziona, con Explorer no.

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